I depressi non hanno occhi, non hanno orecchie, non
hanno narici. Non sentono gli odori e nemmeno le puzze.
Qualche giorno
fa ne ho visti due, seduti su una panchina di fronte al mare accanto alla quale
qualche genio incompreso aveva fatto installare una quantità spaventosa di
cassonetti maleodoranti, nauseabondi.
Loro erano lì,
immobili, impassibili, come due bambole di porcellana sullo scaffale di una
vetrinetta, i pensieri impenetrabili, gli occhi vitrei e ciechi rivolti al
mare, le orecchie sorde al rumore molesto dei motorini smarmittati, le narici
insensibili a quella puzza disgustosa.
Una la
conosco: aveva intrapreso la carriera universitaria. Poi chissà cos'è successo.
Da qualche anno la vedo trascinare inconsapevolmente per le strade le sue
scarpe sempre più consunte e suoi capelli sempre più radi, lo sguardo sempre
più spento, gli abiti senza corpo, e vorrei fermarla, scuoterla come si fa per
svegliare qualcuno che ha preso un sonnifero troppo forte, chiederle 'ti
ricordi di me?', dirle 'vorrei fare qualcosa per te, riprendi in mano i tuoi
libri, andiamo a comprare un paio di scarpe nuove, riaccendi il cervello, rimetti
in funzione gli occhi: guarda quant'è bello il mare".
Vorrei dirle
di aprire le sue narici, respirare a pieni polmoni quella puzza insopportabile
e poi incazzarsi, urlare, imprecare, bestemmiare: vorrei dirle di vivere. Ma
non so come si parla con un depresso, forse perché un depresso parla una lingua
che conosce solo lui e che non s'impara in nessuna facoltà di Lingue. Puoi solo
guardarlo e starci male.
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